Material You per un’interfaccia personalizzabile

Material You: Il nuovo corso stilistico Google.

È inutile girarci intorno, Google non è più quella società esclusivamente sviluppatrice del più grande e conosciuto motore di ricerca. Si può ormai parlare di una vera e propria costellazione di progetti, idee, app, siti e soprattutto prodotti, cui la società presta sempre più attenzione.

Ciclicamente, infatti, lo stile del mondo Google subisce un massiccio aggiornamento, che si riflette tanto sull’aspetto dei suoi prodotti quanto sui software e le loro funzionalità.

L’esperienza utente secondo Google

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Sono lontani i tempi in cui la user experience di Google, incarnata prettamente dal suo browser principale Chrome, risultava macchinosa, pesante, poco chiara.

Quasi preistoria ormai il periodo in cui Google altro non era che un motore di ricerca, fruibile solo da altri browser.

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Di fatto, quello di “Chrome” è diventato un vero e proprio brand, con una line-up di prodotti tutta sua, ma allo stesso tempo parte di un ecosistema enorme.

Ciò che ha contraddistinto il lavoro degli ultimi anni di Google è stata la fluidità nell’uso, un’integrazione talmente avanzata (vuoi per il suo cloud, vuoi per la possibilità di usarlo come login a ogni servizio esistente) che ha presto reso praticamente imprescindibile avere un account.

Questo ha comportato lo sviluppo di un linguaggio visivo altamente personale e riconoscibile, che rendesse percepibile lo zampino di Big G; da anni infatti vediamo i prodotti Google andare incontro ad un periodico restyling, con il chiaro intento di mantenere sempre viva l’attenzione su di sé, quasi a voler dimostrare agli altri cosa siano in grado di fare.

Dopo i primi “Nexus” (precursori degli attuali “Pixel”) ed il loro approccio futuristico, c’è stato il lungo periodo dello sviluppo software e web, con un’enorme concentrazione sulle funzionalità e sulla leggerezza.

Negli ultimi anni poi, col lancio della celebratissima serie Pixel, abbiamo assistito ad un nuovo picco di attenzione all’aspetto hardware, non solo nel design, ma anche nella ricerca. Lo sviluppo del loro processore proprietario, per quanto potrebbe sembrare secondario, ha aperto la strada ad una ancor più stretta integrazione con il sistema operativo, e a beneficiarne sono, per fortuna degli utenti, le prestazioni e soprattutto le funzionalità.

Syroop - Material you

Dal Material Design al Material You

Syroop - Material you

Il tristemente accantonato Material Design è stato compagno di tantissime avventure di altrettante persone nel mondo; chiunque abbia avuto per le mani un dispositivo Android, o abbia anche solo usa volta usato (e viene da chiedersi come sarebbe possibile il contrario) un’app “made by Google”, saprà di cosa si sta parlando.

Introdotto nel 2014, il primo Material Design portava con sé una forte razionalizzazione degli spazi e delle forme a schermo, uno stile altamente geometrico, che per la prima volta nel mondo Google puntava tutto su nuovi giochi di luci, ombre e prospettive per rendere tutto più chiaro e decifrabile.

Questo ben si sposava tanto con l’allora filosofia del marchio, che cercava di imporsi sempre più come una sicurezza nel mondo tech, ma soprattutto con il mood dei dispositivi, minimale e concreto.

Nel 2018 vediamo i primi cambiamenti; la seconda iterazione di questi concetti stilistici prende il nome di Material Theme. L’ambiente di Google subisce una massiccia rivisitazione: adesso, accanto agli spigoli vivi di icone e toggle, troviamo elementi smussati, più tridimensionali, in una commistione però spesso contrastante.

Contrasto che deve essere stato presto notato anche da mamma Google; neanche il tempo di diffondere i nuovi stilemi a tutti i suoi prodotti, che all’ I/O del 2021 (la conferenza annuale in cui l’azienda presenta i futuri sviluppi) presenta in pompa magna l’ennesimo aggiornamento: nasce l’attuale veste grafica, il Material You.

Questa può definirsi una vera rivoluzione: gli elementi squadrati cedono completamente il posto a forme sempre più morbide.

Uno stile più personale permea ogni aspetto della nuova esperienza visiva, dove la profondità non è più dettata da luci ed ombre, ma dal contrasto dei colori.

I più attenti avranno subito notato un certo avvicinamento (almeno in alcuni tratti dell’UI, come gli “interruttori”) ai linguaggi di Apple; ma se da una parte l’azienda di Cupertino non ha mai concesso di intaccare le proprie icone, rimaste sempre cifra identitaria del software della “Mela” (e quindi ciclicamente aggiornate solo da casa madre), Google ha rimesso questo potere nelle mani dell’utente.

Grazie a “Monet”, un algoritmo basato sull’IA, Android studia lo sfondo scelto dall’user, e genera diverse palette tra cui scegliere. I toni scelti andranno a radicarsi in ogni singola parte del sistema operativo, dalla schermata home, alle icone, fin dentro le app (Google e non).

Il processo che si cela dietro a questo design system è estremamente complesso, tanto che non è ancora infallibile. Di fatto, pur riuscendo quasi sempre a creare un ambiente decifrabile per l’utente, talvolta l’IA genera ancora combinazioni e sovrapposizioni per nulla azzeccate.

Cosa ci riserva Big G per il futuro?

È innegabile quanto le idee stilistiche che prendono vita a Mountain View facciano scuola. Da anni, infatti, Google è a capo di un processo creativo da cui prende vita un percorso di sperimentazione in cui man mano entrano tantissimi brand.

Attualmente il Material You è in corso di diffusione a tutto l’ecosistema di app e prodotti del marchio; se però l’algoritmo Monet è stato fin’ora ad esclusivo appannaggio dei dispositivi Android (trovando la massima espressione nei dispositivi Pixel, la cui famiglia si sta allargando sempre di più) l’azienda sembra ora intenzionata ad estendere questa possibilità di personalizzazione avanzata anche a livello web.

Era questione di tempo, infatti, prima che anche in Google iniziassero la corsa all’intelligenza artificiale; all’I/O di qualche settimana fa, dopo un boost sviluppativo incredibile (forzato dai recenti traguardi di ChatGPT e Bing) la vera protagonista è stata “Bard”, la nuova IA dell’azienda.

Con questo lancio, Google ha “dichiarato apertamente guerra” alle sue concorrenti, ma soprattutto a Microsoft; se infatti Bing AI è integrata nel browser Edge (che certo negli ultimi anni ha visto una notevole crescita tanto in termini di funzioni quanto di diffusione), Chrome rimane a tutti gli effetti imbattibile; pertanto, integrare un’IA così promettente come sembra essere Bard potrebbe consentire a Google di riguadagnare quel terreno perso in favore dell’azienda fondata da Bill Gates.

Ciò che ha colpito di più di questo nuovo progetto infatti è la promessa di rivoluzionare completamente la ricerca in Google. Quella col motore di ricerca diventerà a tutti gli effetti una conversazione, più rapida, più interattiva, e soprattutto con un’integrazione sfrenata alle app di G-Workspace ed in pieno stile Material You.

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