Nonostante l’Europa sembri cedere il passo dell’innovazione tecnologia ai suoi principali concorrenti storici, rimane piuttosto all’avanguardia in termini di diritti, giustizia ed equità.
Il recente “Digital Markets Act” sembra aver agitato parecchio le acque calme del settore e dei suoi colossi, che finalmente vedono “minacciato” il loro predominio.
Google non poteva farsi trovare impreparata: ecco Consent Mode v2, la controffensiva di Menlo Park.
Marketers di tutto il mondo…riunitevi!
Consent Mode v2 è lo strumento pensato da Google per restare al passo con le recenti normative europee, e soprattutto aiutare in questo anche tutti quegli inserzionisti che basano la loro attività su G-Ads o Analytics.
Anche se è stato lanciato da qualche mese, l’obbligo di imporlo è scattato solo nel marzo di quest’anno (in concomitanza proprio col “digital market act”).
Questo non significa che chi non lo integra al più presto vedrà oscurarsi il sito, anzi; l’ente europeo ha prefissato sei mesi di tempo in cui tutti dovranno confarsi alle nuove normative, e parallelamente i grandi gatekeeper dovranno rendere conto dell’andamento delle loro piattaforme.
Per quanto gli strumenti forniti da Google fossero estremamente performanti già prima dell’aggiornamento, big G promette prestazioni ancora migliori, soprattutto sul fronte delle conversioni (ossia quelle azioni compiute dall’utente e ritenute significative per la tua attività).
La recente integrazione dell’IA poi apre alla possibilità di una lettura dei dati molto più accurata ma soprattutto più ordinata.
Ovviamente poi viene posta particolare attenzione sulla privacy degli utenti.
Il fulcro delle manovre europee infatti (oltre a quello di riaprire la partita per le aziende del vecchio continente) è proprio questo (visti soprattutto i problemi che da anni si stanno protraendo); pertanto l’accesso ai dati dell’utente sarà molto più regolamentato, ed anche in lettura sarà tutto più conforme alle autorizzazioni concesse dall’utente stesso.
Per quanto sicuramente il DMA abbia delle potenzialità veramente importanti (sia a favore della privacy, sia a favore dei player europei che di fatto si trovavano il mercato sbarrato dai colossi mondiali, o “gatekeeper”, come appunto si legge nel decreto) certo non può rappresentare uno scoglio insormontabile per un gigante come Google.
Di certo però è un segnale molto forte sulla necessità (sempre più importante) di attenzionare questo settore, troppo a lungo lasciato libero di crearsi le proprie regole.
Possiamo già dire però ad esempio che l’approccio di mamma Google ci sembra molto più etico rispetto a quello di Meta, che invece di offrire liberamente la possibilità di limitare il tracciamento dei proprio dati, ha pensato bene di proporre un abbonamento (anche piuttosto cospicuo) per rimuovere le pubblicità.
Fortunatamente però non dovremo aspettare troppo per scoprire il risultato delle diverse strategie messe in campo da questi player, e capire se veramente la mossa dell’Europa abbia cominciato a dare i suoi frutti.
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