Godin, già nel 1999 teorizzava un nuovo tipo di marketing nel suo libro “Permission marketing, trasforma gli estranei in amici e gli amici in clienti” e poneva al centro dell’azione di marketing il cliente, che in quanto destinatario del messaggio deve poter decidere in maniera libera e consapevole quali contenuti ricevere.
Ormai siamo abituati a quei fastidiosi pop up, banner e sottoscrizioni pubblicitarie che si aprono non appena entriamo per visitare un sito web. I messaggi non sono personalizzati e cercano di colpire tutti indistintamente.
Questo non fa altro che irritare l’utente che sta navigando su un sito web, portandolo a volte ad abbandonare subito la sua ricerca.
Il permission marketing ha come obiettivo l’ottenimento del consenso esplicito da parte dell’utente a ricevere messaggi promozionali customizzati. L’opzione attraverso cui il cliente dà il proprio consenso è chiamata opt-in, ovvero la procedura che gli permette di scegliere se dare o meno l’autorizzazione per ricevere contenuti di suo interesse (iscrizione ad una newsletter, ricevere notifiche in seguito all’iscrizione ad una pagina Facebook o YouTube, DEM, SMS e notifiche push). Tutto ciò ha l’obiettivo di far scegliere al cliente come personalizzare gli ananunci, così da fidelizzarlo e aumentare i tassi di conversione.
Sebbene già con il regolamento GDPR si era cercato di porre un freno all’invio di pubblicità massiva sul web, ad oggi la vera rivoluzione pare essere quella teorizzata da Godin, il Permission Marketing.
Il vantaggio principale del Permission Marketing è la possibilità di attrarre lead di qualità visto che tutti possono dichiarare o meno l’interesse verso la nostra attività e dare il consenso a ricevere promozioni. Così facendo, la possibilità che un pubblico interessato al prodotto o servizio legga una offerta e voglia approfondire, aumenta esponenzialmente.
Inoltre, il marketing del permesso migliora il coinvolgimento degli utenti, ha un ottimo ROI e costi ridotti, è conforme alle leggi anti spam, dunque è meno rischioso per le aziende toccare il delicato tasto della privacy, rafforza la fiducia che il cliente ripone nel brand se questo veicola contenuti di valore senza eccedere con i messaggi pubblicitari.
Corteggiare il cliente significa non solo permettergli di spuntare qualche casella per il consenso, serve sempre e comunque tenere fede alle strategie di Inbound Marketing volte ad attrarre e fidelizzare l’utente al brand.
01. Attrazione
L’obiettivo non è interrompere l’utente che naviga online, ma attrarlo adottando una strategia basata sullo studio del cliente (desideri, aspettative, abitudini).
02. Conversione
Per trasformare il lead in potenziale cliente è possibile offrire particolari sconti in cambio di un contatto email, oppure attrarre il lead attraverso dei pulsanti CTR in una landing page finalizzata alla conversione.
03. Chiusura
Attività di nurturing come l’invio di newsletter periodiche o articoli di blog su determinati argomenti spingono il cliente non ancora disposto ad acquistare, a tenere viva l’attenzione verso il brand.
04. Fidelizzazione
L’obiettivo è offrire valore al cliente anche nella fase di post vendita, così che lui stesso diventi promotore del marchio e possa attuare il passaparola.
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