Il periodo dei tutorial, indubbiamente dominio incontrastato di YouTube, è stato senza dubbio uno dei più prolifici sui social; si potevano trovare video su praticamente ogni argomento, dall’abbigliamento al gaming, dal trucco fino ad interi corsi di programmazione.
Nel tempo però, non solo è cambiato il modo in cui fruiamo dei social, ma è radicalmente cambiato anche ciò che vogliamo vedere; se possibile, viviamo una vita ancora più frenetica di quella a cui eravamo abituati quando i social sono nati; pertanto, i content creator si sono dovuti adeguare rapidamente.
Se ci pensiamo, quella di internet è solo una delle fasi della storia dell’umanità. Scorrendo la linea del tempo, infatti, è possibile trovare tracce di “civiltà” passate, che ci aiutano a ricostruire meglio ciò che è successo.
Lo stesso possiamo fare proprio con internet ed i social, la cui storia ha lasciato tracce indelebili in ciò che oggi vediamo, nel modo in cui ne fruiamo, e per certi versi anche nel modo in cui interagiamo tra di noi.
Dovendo pertanto andare a ricercare una prima versione dei contenuti che adesso troviamo sui social, dovremmo andare a scomodare uno dei fantasmi che si aggirano nel grande cimitero digitale, ossia Vine.
In un periodo in cui YouTube era ancora l’unico luogo dove recarsi per cercare tutorial, gameplay, recensioni (o fondamentalmente qualsiasi tipo di video), i fondatori di Vine (acquistata da Twitter prima ancora del lancio) hanno pensato che potesse essere divertente dare ai creator sei secondi per esprimere le loro idee.
Ben presto però ci si allontanò da quell’idea di video-tweet che aveva attratto Jack Dorsey ed il suo team, e arrivano sempre più creator pronti a sfidare il muro dei sei secondi, creando video prettamente comici. Ne uscirono vere e proprio compilation (per altro ricaricate poi su YouTube) coi “grandi classici” di Vine.
A sancire ulteriormente il declino dell’app ci pensò Instagram, che con l’acquisizione da parte di Facebook, ma soprattutto l’introduzione dei video, poteva contare su un bacino di utenti sempre più grande e vario.
I sessanta secondi messi a disposizione da Instagram facevano estremamente gola a brand e influencer nascenti, che potevano così lanciare e pubblicizzare prodotti, arrivando ad un pubblico sempre più vasto.
Nel tempo poi Instagram è arrivata a fagocitare ogni novità introdotta dalle sue dirette concorrenti, vedasi le storie (prese di pacco da Snapchat) o successivamente i reels (palese clone degli esplosivi video di TikTok).
Per quanto purtroppo analizzare statisticamente i risultati delle singole tipologie di video sia piuttosto difficile, abbiamo comunque moltissimi dati a disposizione.
Uno dei dati più sorprendenti è il fatto che, a fare la vera differenza, non è propriamente il contenuto o il tipo di video (vista l’ormai estrema somiglianza tra tutte le piattaforme) quanto piuttosto l’algoritmo. Ed in questo, attualmente, a farla da padrone è senza dubbio TikTok. Il suo algoritmo funziona talmente bene e velocemente da lasciare spesso spiazzati gli utenti, che si trovano di fronte ad un rapidissimo aggiornamento del loro feed.
Occorre poi dire che ogni piattaforma ha un bacino di utenza piuttosto diverso dalle altre, soprattutto; questo influisce sensibilmente sul modo ed i tempi in cui si fruisce dei contenuti.
Il boom di TikTok, infatti, si deve particolarmente alla giovanissima età dei suoi content creator e soprattutto dei suoi utenti, prettamente facenti parte della Gen Z (11-26 anni), che cercano cose completamente diverse da quelle ricercate da persone anche di poco più grandi, ma che hanno soprattutto una maggior quantità di tempo a disposizione.
Dall’altra parte però, questo rappresenta anche il limite di questo social. L’app cinese, infatti, rimane solo sesta nella lista di quelle usate dalle aziende per promuovere i propri prodotti.
Per i marketer rimangono ancora imbattuti Facebook ed Instagram, ma anche altri insospettabili come Linkedin e YouTube.
È indiscutibile che, almeno attualmente, i video brevi siano i contenuti più fruibili e senza dubbio fruiti sui social.
Ad aiutarne la diffusione hanno contribuito tantissimi fattori ulteriori rispetto alle semplici piattaforme. Mai come negli ultimi anni, ad esempio, il design delle app e quello dei prodotti si sono influenzati a vicenda. Per questo, infatti, troviamo smartphone sempre più allungati in verticale, votati a questo tipo di contenuti.
Dopo averci costretto per anni a guardare video in orizzontale, anche YouTube si è piegata agli “shorts”, ennesimo clone di TikTok e Reels.
Se già adesso è possibile trovare qualche sparuto festival di cinema in verticale, chissà se un giorno questo nuovo formato sarà quello standard anche per il cinema.
Anche l’avvento di nuovi device, come i foldable o visori sempre più avanzati come il Vision Pro di Apple, apre a tantissime nuove possibilità per queste piattaforme.
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