Che i social basassero il loro funzionamento su un algoritmo era ormai un dato assodato. Da quando infatti è scomparso il feed cronologico, ma soprattutto le società hanno cominciato ad inserire contenuti consigliati in ogni sezione delle loro piattaforme social, si è reso necessario un sistema che spingesse verso ogni utente il tipo di post più giusto per continuare ad attirarlo.
Probabilmente a sorprendere non è stato tanto il tema della dichiarazione, quanto il modo improvviso in cui è arrivata. Nessuno si aspettava tale rivelazione da parte di Adam Mosseri, attualmente numero uno di Instagram, che direttamente dal suo profilo è tornato a parlare di shadowban e, appunto, del sistema di ranking.
Proprio lo shadowban purtroppo rimane ancora una questione piuttosto nebulosa nella gestione del social e del materiale che ci viene caricato. Anche per questo, è stata introdotta la pagina “status account”, con delle linee guida per aiutare i creator a realizzare e affinare i propri contenuti.
Forse proprio la trasparenza, quindi, ha spinto la direzione del social a chiarire alcune questioni su cui da tempo l’utenza si interroga.
Quanti sono quindi, e come funzionano, gli algoritmi Instagram?
Parlare di un solo algoritmo infatti sarebbe piuttosto riduttivo, e poco indicativo dell’incredibile struttura messa su dal team di Meta.
Ogni sezione della piattaforma, infatti, gode di un proprio sistema di valutazione ed analisi dei contenuti, studiati per “coccolare” l’utente e farlo rimanere sull’app, e continuare a proporgli post per lui interessanti.
Per questo, ad esempio, le Stories sono influenzate prevalentemente dalla nostra interazione con un determinato account, siano essi messaggi diretti, like a post o storie precedenti, o anche il legame personale che intercorre tra i due.
Un po’ più ampio il bacino di ricerca dell’algoritmo che ci riempie il feed. Capita spesso infatti di imbattersi, scorrendo nel feed degli account seguiti, in post di vario tipo, ma soprattutto di vari argomenti. Questo proprio perché la “home” di Instagram si basa moltissimo sull’attività che facciamo nel resto dell’applicazione, come le ricerche, i contenuti salvati, i “mi piace” o i messaggi.
Ragionamento simile viene seguito per i reels, analizzando però solamente i contenuti di questo tipo precedentemente visualizzati, o che hanno generato un’interazione.
Il tutto confluisce nel modo in cui viene gestita la sezione “esplora”. Qui l’app dal il massimo di sé, cercando di recepire quante più informazioni possibili da ogni tipo di post che abbiamo visualizzato, cui abbiamo messo like, che abbiamo commentato o ricondiviso.
Per questo probabilmente Instagram si è premurata di divulgare qualcuno dei suoi segreti, ma soprattutto adesso si spiega perché l’app sia così energivora!
Anche qui, parlare di “controparti” ormai non ha più molto senso. Di fatto, le piattaforme leader del settore sono appunto Instagram, e ancora più di questa, TikTok, che in pochissimo tempo ha stracciato i record precedentemente detenuti dalla creatura di Meta, attirando su di sé un’attenzioni per certi versi morbosa.
Verrebbe da pensare quindi che il social cinese abbia una struttura ancora più complessa, in realtà la vera differenza sta prettamente nei dati cui ha accesso. L’app di TikTok, infatti, oltre che alle specifiche dei contenuti che guardiamo, tiene conto ad esempio del paese in cui ci troviamo, del dispositivo da cui fruiamo dei contenuti, ma anche della lingua dell’account. Altri fattori determinanti possono essere la freschezza dei contenuti, ed anche qui ovviamente le interazioni che genera.
Proprio grazie a questo, quando si usa l’app, si riesce a percepire quasi in tempo reale come l’algoritmo adegui il suo funzionamento per continuare a richiamare contenuti quanto più interessanti per noi.
Seppur di tutt’altra categoria, funziona in maniera piuttosto simile anche Twitter. All’apertura, infatti, l’app crea un mix di circa 1500 post, pescando una parte tra i contenuti di follower e seguiti, e l’altra andando a studiare i nostri interessi. Nelle recenti dichiarazioni, il nuovo numero uno del social si è concentrato anche sui fattori che fungono da moltiplicatore per il rilancio di un post. Le reazioni più remunerative in termini di visibilità sono quindi “mi piace” e commenti, aumentano rispettivamente di 30 e 20 volte la possibilità che un post venga diffuso nuovamente. Al contrario, proporre un post contrastante con la propria nicchia potrebbe essere controproducente.
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