Open to meraviglia: questo il claim della quantomeno controversa campagna di rilancio del turismo italiano; con questo slogan, (già di per sé contrastante con l’immagine che il governo vuole promulgare della cultura italiana come “assoluta”), il dicastero preposto ha colto nel segno…ma non come si aspettava.
Fin dalle prime ore successive al rilascio delle prime immagini, è parso chiaro che qualcosa non andasse; la campagna ha subito avuto un’eco incredibile, ma con una rapida occhiata ai commenti ci si rendeva conto che non erano propriamente entusiasti.
Da settimane, infatti, continuano ad uscire retroscena e dettagli sempre più bizzarri sulla mala gestione di questa operazione.
A partire dal video d’annuncio, dove vengono chiarite le intenzioni della campagna, ma viene soprattutto presentata la rivisitazione della “Venere” di Botticelli. L’agenzia “Armando Testa” (una delle più prestigiose in Italia) in accordo con il ministero guidato da Daniela Santanché, ha pensato bene di fare della creatura dell’artista toscano una “virtual influencer”, a tutti gli effetti una Chiara Ferragni digitalizzata.
Con qualche minima ricerca si è notato che gran parte delle immagini usate nello spot venivano da cataloghi online, e che alcune delle immagini mostrate non ritraessero neanche dei veri paesaggi italiani, bensì…sloveni. È il caso della tristemente nota cantina mostrata nei primi secondi del video.
Ma le polemiche sul video di lancio sono dovute anche al costo dell’effettiva realizzazione, a dir poco esorbitante per il risultato ottenuto, soprattutto considerando che, spot alla mano, non c’è stato praticamente alcuno sforzo: una banale sequenza di immagini stock, montate insieme senza una particolare attenzione.
Ma anche il resto della creatività, reperibile sul sito e pressoché già ovunque online, è tutt’altro che originale: la foto della Venere che sul lago di Como si gusta un’italianissima pizza margherita, è un chiaro rimando ad una foto altrettanto celebre della Ferragni.
L’imbarazzo continuava a salire man mano che il sito (il cui dominio, per inciso, non è mai stato registrato dal governo; questo ha reso possibile acquistarlo, all’incredibile cifra di 5 euro, da parte dell’agenzia toscana “Marketing Toys”) è stato spulciato più a fondo.
In poco tempo, infatti, si è notato come gli scambi di immagini nel team di realizzazione siano avvenuti tramite “Whatsapp” (se si prova a scaricare le immagini dal sito è ancora possibile trovare il riferimento all’app nel file name), causando una notevole compressione della qualità. Ma ha fatto soprattutto discutere lo smodato ed incontrollato uso dell’intelligenza artificiale per tradurre i testi nelle altre lingue.
Questo ha prodotto una serie di storpiature esilaranti, che nessuno si è premurato di sistemare, o tanto meno controllare: nomi di famosissime località sono infatti stati trasposti letteralmente. Così, “Camerino” è diventata “Garderobe” in tedesco, o possiamo anche trovare un più internazionale “Toast” al posto del consueto “Brindisi”.
Per quanto estremamente discutibile e forse realizzata anche peggio, questa campagna poteva produrre effettivamente dei risultati positivi.
Per quanto estremamente discutibile e forse realizzata anche peggio, questa campagna poteva produrre effettivamente dei risultati positivi.
Sebbene, infatti, il turismo italiano sia uno dei pochi settori che non ha mai sofferto troppo, neanche durante i burrascosi anni della pandemia, il solo pensare ad una nuova immagine che potesse rappresentare l’Italia in giro per il mondo, magari parlando ad un pubblico più giovane, poteva sembrare una mossa vincente, destinata a fare gran bene alle casse delle città italiane, soprattutto quelle più piccole, proprio come i borghi ritratti nello spot.
È chiaro che il target principale di questa campagna volesse essere quello più giovane; nelle immagini, infatti, vediamo tantissimi ragazzi e ragazze che bevono, mangiano, e visitano i più disparati paesaggi italiani.
Anche la scelta musicale, un moderno remix dell’“Inverno” di Vivaldi, cerca di avvicinare il video ad un pubblico meno adulto, creando però solo altri contrasti e, per usare un termine appunto giovane, “cringe”.
La stessa idea della Venere influencer vuole richiamare questa figura, sdoganata anni fa dalla Ferragni ma mai effettivamente accettata da certa parte del Paese.
Per quanto queste idee sembrassero vincenti, proprio qui si celano i maggiori problemi.
Basta fare un giro sui social per capire ciò che attira veramente i turisti nelle nostre città: la vera meraviglia giornaliera, palpabile ancora nei piccoli borghi; quello stupore quotidiano a cui noi, da italiani, non facciamo neanche più caso, ma che all’estero continuano ad invidiarci.
Per questo risulta tremendamente ridondante continuare ad incedere sulle solite ricchezze del nostro patrimonio, noto in tutto il mondo.
A questa domanda è sempre difficile dare una risposta, soprattutto perché non a tutti capita di trovarsi alle prese con una campagna pubblicitaria destinata ad essere vista (e possibilmente apprezzata) da milioni di persone in giro per il mondo.
Certo è che, soprattutto in questo caso, era veramente difficile fare di peggio; l’operazione, infatti, non è stata ancora né ultimata né lanciata definitivamente, eppure è stata già distrutta dall’opinione pubblica, tanto nostrana quanto estera; già moltissime testate internazionali (tra cui il Guardian), infatti, hanno rimbalzato i diversi “scandali” legati all’iniziativa.
Ma come sistemare le cose?
Certo non è possibile recuperare il denaro investito, o rimediare alla pessima figura fatta a livello internazionale.
Però è sempre possibile realizzare un nuovo spot, magari con clip registrate appositamente (e preferibilmente in Italia), con un montaggio più dinamico ed una musica che tradisca meno l’età del team di sviluppo.
Altra idea potrebbe essere quella di scomodare delle influencer in carne ed ossa, piuttosto che inventarsene una; è innegabile ormai l’ascendente che queste star dei social abbiano sia sui più giovani che sul pubblico più adulto, e non avrebbe senso privarsi del loro supporto. Basti pensare a quando Chiara Ferragni nel luglio del 2020, con appena qualche carosello di foto scattate all’interno della Galleria degli Uffizi (dove, tra l’altro, risiede la sua “collega virtuale” Venere) fece registrare un boom di visitatori under 25 per il resto dell’estate.
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